Oggi voglio segnalarvi una lettura di qualche anno fa, esattamente il 2012. Si tratta di un libro un pò particolare, che ha generato pareri contrastanti e per questo mi piace proporvelo.
Particolare, perché? Innanzitutto per l’autore. Edmund De Waal, infatti, non è uno scrittore, bensì un critico e storico dell’arte, ceramista e insegnante di ceramica a Westminster, di origini olandesi. Per lo stile, che si colloca a metà strada tra l’autobiografia e il romanzo storico. Per le ambientazioni, che spaziano dall’Europa al Giappone. Altra particolarità di questo libro, è quella di essere uscito in Gran Bretagna e America, nel 2011, ed essere diventato un un bestseller e un caso letterario per aver venduto centinaia di migliaia di copie solo grazie al passaparola. Leggerlo è stato molto affascinante, proprio per questi motivi.
Il filo conduttore della storia sono 264 netsuki. Non credo di essere stata l’unica a non sapere cosa fossero, e sono rimasta ammaliata, imparando che si tratta di mini sculture in legno o avorio, usate per fermare alle cinture dei kimono oggetti o piccoli contenitori. Mini capolavori, di pregiata fattura, parte della piccola oggettistica artigianale e tradizionale giapponese che vorremmo stringere tra le mani, preziosi testimoni di così tanta storia del popolo giapponese che racchiudono. La loro descrizione minuziosa, fa venire voglia realmente di mettersi a cercare nei mercati di collezionisti queste piccole miniature raffiguranti animali, divinità e piante.

De Waal racconta di essere il depositario di quinta generazione di questi peculiari oggetti, arrivati a lui, grazie ai tre proprietari ebrei che, nel tempo, li custodirono, e soprattutto seppero nasconderli alla furia dei nazisti allorché fecero razzia, come è noto, di gran parte delle opere d’arte e degli averi posseduti dalle famiglie ebree, durante i vari rastrellamenti. L’autore descrive con precisione cinematografica, le vicende di questa incantevole collezione, ripercorrendo ben centoquaranta anni di storia. Si parte dalla Parigi del 1870, dove erano custoditi nello studio del suo avo e critico d’arte, il mecenate Charles Ephrussi, amico di Proust, e di impressionisti del calibro di Degas e Renoir. Si passa per la Vienna del 1899, dove giungono a casa dei suoi bisnonni, Emmy e Victor von Ephrussi, che li preservarono in un vecchio boudoir del palazzo sulla Ringstrasse, salvandoli dai nazisti. E si finisce a Tokyo, negli anni ’70, nella casa del prozio Ignace che li lascerà in eredità all’autore che, proprio lì, li vedrà per la prima volta. Non entro volutamente nel dettaglio del resto della trama, perché credo che valga la pena scoprirla con la lettura.
Preferisco soffermarmi sulle caratteristiche della narrazione di De Waal, e sulla dovizia di particolari delle sue descrizioni. Una scrittura elegante, che indugia a descrivere il bello, lo cesella, per lasciarlo assaporare. E’ quello che mi ha affascinato di questo libro, anche se per alcuni questa sarebbe proprio la sua pecca. I detrattori di “Un’eredità di avorio e ambra”, ritengono questa grande capacità descrittiva dell’autore una forma di pedanteria e un ostacolo alla lettura. Personalmente, non mi ritrovo in questa critica. Trovo che sia più un modo ben riuscito di creare e rendere le atmosfere di epoche passate. E’ chiaro che le prime pagine servono per fare conoscenza con il suo modo di scrivere, ci troviamo pur sempre davanti ad uno storico dell’arte e non a uno scrittore. Poi però, una volta prese le misure, subentra il piacere di farsi coinvolgere nella storia di una famiglia molto ramificata che ha attraversato più di un secolo, attraverso le testimonianze di un suo discendente. Se c’è una critica che posso fare, non dipende dalla stesura, ed è da attribuire a terzi, ossia la traduzione del titolo che fa perdere molto alla storia. L’originale “The fare with Amber eyes: a hidden inheritance” letteralmente sarebbe stato proprio “La lepre con gli occhi ambrati. Un’eredità nascosta” e avrebbe spiegato come uno dei netsuki preso in mano dall’autore, con quel contatto materico suscitò l’immediata esigenza di conoscere le vicissitudini, e tutti i percorsi fatti nel corso del tempo. Ma tant’è: non ricordo un solo titolo di libro, quanto di film, che ci sia arrivato con un titolo italiano credibile e tradotto decentemente. Secondo me, i titoli non dovrebbero proprio essere modificati.
In conclusione, ho trovato questo libro delicato, poetico, in grado di far immedesimare nel racconto e nei personaggi, di arrivare nei luoghi descritti attraverso uno stile di scrittura semplice, ma diretta, essenziale nel raggiungere lo scopo di accompagnare il lettore nella storia. A tratti così emozionante da essere commovente, poetico. A tratti più lucido, crudo, incisivo a seconda dell’episodio riportato. Un ritmo per questo volutamente altalenante, che segue il ritmo delle emozioni scatenate dalle traversie storiche della famiglia. Questo romanzo è capace di suscitare sentimenti contrastanti, è indubbio, ma per questo vale la pena di essere letto, anche per comprendere se si è diventati amici degli Ephrussi o si è rimasti indifferenti nel leggere il loro album di famiglia e assistere alle loro vicende.
In foto, è riportata un’edizione semplice, ma è disponibile anche un’edizione illustrata, che secondo me, dà un valore aggiunto al segno distintivo di questo romanzo, l’alone di arte e di storia che lo pervade diventa realtà attraverso le immagini d’epoca dei personaggi o delle opere descritte. Veramente originale.
Se posso darvi un’ultimo consiglio: abbandonatevi alla lettura di questo libro con la disposizione d’animo di chi vuole visualizzare ciò che gli viene descritto. E se fate fatica sulle prime, non demordete. La valutazione di questa lettura aggraziata, va data nel complesso e solo se vi lasciate trascinare nella dimensione in cui è capace di condurvi l’autore, senza resistenze., anche tenendo conto che si tratta di un volume abbastanza corposo. Seguire quello che l’autore si è prefisso come scopo e che manifesta:
“Come sono fatte le cose, come vengono gestite e cosa succede loro è stato centrale nella mia vita per oltre trent’anni. Così anche il Giappone, un posto dove andai quando avevo 17 anni per studiare ceramica. Il modo in cui gli oggetti incarnano la memoria – o più in particolare, se gli oggetti possono contenere ricordi – è una vera domanda per me. Questo libro è il mio viaggio nei luoghi in cui visse questa collezione. È la mia storia segreta del tatto”.
Buona lettura.
TITOLO: Un’eredità di avorio e ambra, AUTORE: Edmund De Waa,l EDITORE: Bollati Boringheri, PAGG. 450, PREZZO: 15,30 € sul catalogo Feltrinelli. <— link in affiliazione.
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