LIBRI

le “TRACCE DEL PASSATO” di VIRGINIA WOOLF

8 Giugno 2019

Virginia Woolf. A 78 anni dalla sua scomparsa, è stato detto tutto di lei; studiato il suo carattere, la scrittura, il senso delle sue numerose, variegate opere. Abbiamo preso ispirazione dal suo modo di scrivere e cercato mille e una spiegazione al gesto finale di eclissarsi fisicamente da questo mondo, senza mai sentirci appagati per aver davvero capito. L’unica certezza rimasta è l’eccellenza della sua opera letteraria, il fine pregio di scrittrice e la dote naturale e intellettuale di precorrere i tempi non solo stilisticamente, ma anche culturalmente e umanamente con scrittura e vita.

Nella sua produzione letteraria, compaiono due prove (o tentativi) di autobiografia che la Woolf stese sul foglio. Di questi, particolare è il caso di TRACCE DEL PASSATO, pubblicato nel 2018 dalla casa Editrice Lanfranchi Editore. Primordiale bozza di quello che nelle intenzioni della Woolf sarebbe dovuto diventare la propria autobiografia, questa serie di appunti furono scritti tra il 1939 e il 1940, parallelamente alla stesura della biografia dell’amico e collega, lo scrittore Richard Fry,  e hanno la dignità letteraria di un’opera compiuta. L’intenzione di mettere sé stessa e la propria vita in un libro, purtroppo non si realizzerà. L’opera resterà incompleta e gli scritti si fermeranno al novembre 1940, solo quattro mesi prima del suicidio della scrittrice, nel marzo 1941. Il materiale autobiografico, rimasto orfano dell’autrice, diverrà la base sulla quale sarà pubblicato, postumo, col titolo originale di A sketch of the past, Tracce del Passato. Il materiale del libro sono quindi gli scritti selezionati da Leonard Woolf, marito di Virginia, che diventeranno due dattiloscritti, di cui uno custodito nei Monks House Papers, della Biblioteca dell’Università del Sussex dal 1961, e l’altro appartenente alla British Library di Londra. 

In Tracce del passato incontriamo una Woolf in famiglia. I ricordi della sua infanzia, la casa estiva e la vita con i fratelli e le sorelle, i suoi genitori descritti anche nella loro quota umana e caratteriale. Sebbene si tratti di scritti embrionali, che la Woolf avrebbe sicuramente sottoposto alle sue certosine revisioni che, a quanto si dice, la portavano a riscrivere anche fino a nove volte lo stesso testo, sono appunti che non lasciano intuire, bensì narrano appieno. La mancanza di quell’editing minuzioso non li penalizza, non intacca la sensazione del lettore di trovarsi di fronte a un racconto lineare e compiuto. Conosciamo così la donna Virginia, nei suoi periodi e ricordi più sereni, come pure negli eventi più traumatici come la perdita della sorellastra Stella e della madre; ma apprezziamo la scrittrice che definiamo, senza esitazione, una “ritrattista”. I personaggi della sua famiglia sono delineati in modo perfetto, fotografico. Quando Virginia Woolf inizia a descrivere i suoi soggetti è come se li guardasse nel mirino e scattasse una fotografia. La loro esteriorità, come l’interiorità, sono sondate nel particolare più minimo, nelle movenze. Prova della scrittura ineguagliabile della Woolf.

Il carattere di Nessa (nomignolo affettuoso della sorella Vanessa), dei fratelli Gerald e George, dei genitori sono pagine di vivida rievocazione, con cui si entra nel rapporto che la legava a ciascuno, sono tutt’altro che tracce. 

In modo lucido, ma non distaccato, la Woolf ci parla di sua madre, definita con tocco iconografico una donna talmente “sempre circondata da gente”, da poter essere percepita come “diffusa”, al centro di “quell’enorme cattedrale che chiamiamo infanzia”. Altruista, integra, istruita, forte dal cui esempio Virginia sente di aver ereditato l’orgoglio femminile che la distinguerà dalle sue simili rimaste impantanate nei dettami della società tardo-vittoriana della quale descrive la maniera e la compassezza che mai si trovano in lei e nei suoi scritti. Il rapporto viscerale, ma non simbiotico, emerge nei ricordi della bambina di 13 anni, età in cui Virginia perse la madre, le fa ammettere di aver “vissuto a tal punto immersa nell’atmosfera di lei da non avere mai la distanza necessaria per poterla vedere come persona. Lei era il mondo intero” del quale, con la sua scomparsa, “non rimase nulla”, “tutto era finito”. Donna dal temperamento frontale, dalle scelte e dal pensiero razionali, Virginia Woolf dedica alle sue sensazioni e alle sue esperienze pagine di una chiarezza ineccepibile. Anche quelle in cui rivela l’abuso subito da parte del fratellastro Gerald (nato dal primo marito della madre Julia Stephen con Herbert Duckworth scomparso prematuramente). Pagine intense, lucide che portano all’affermazione più rivelatrice di sé e della sua opera: “Virginia Stephen non è nata il 25 gennaio del 1882, ma migliaia di anni fa; e, fin dall’inizio, ha dovuto confrontarsi con istinti già acquisiti da migliaia di antenate del passato”. Passaggio e pensiero dalla potenza straordinaria. 

L’autocritica, i pensieri sulla guerra, quel ritratto di sé profondamente intimista che troviamo nelle prime pagine. La meravigliosa definizione che Virginia Woolf da di sé stessa come scrittrice: colpita dalle scosse della vita, ovvero gli eventi che la vita offre durante l’esistenza, è in grado con la scrittura di “ricomporre i frammenti dispersi. (…) Il piacere più intenso che conosca. È la stessa estasi che provo, quando, scrivendo, mi sembra di scoprire le giuste connessioni tra le cose”. Ammette, quasi fosse un’illuminazione improvvisa, che può restituire la bellezza e la compiutezza della realtà “solo attraverso le parole, solo esprimendolo in parole”. 

La lettura scorre attentamente, il libro è denso, mai ridondante, né contratto, tanto meno è vago. La chiarezza della stesura, la semplicità dell’appuntare i pensieri e ricordi quando riaffiorano non ne intaccano la profondità. Esemplare, la parte in cui la scrittrice affronta il rapporto con la figura paterna. Amato, stimato, imitato e giustificato il padre Leslie è un modello di cui ammette l’influenza. L’esempio di come un’educazione può influire sul modo di essere e di come si può e bisogna essere. La distinzione tra la dimensione sociale e familiare in cui si manifestava l’uomo.”Prototipo dell’intellettuale di Cambridge” per nulla ipocrita, cui molto si può riconoscere di positivo, ma che di fatto arrivò “all’età di sessantacinque anni isolato, incarcerato”. Per aver “a tal punto ignorato i suoi sentimenti che non aveva idea di chi fosse; né di chi fossero gli altri. Da qui l’orrore e il terrore di quelle esplosioni di rabbia. Vi era qualcosa di cieco, di animale, di selvaggio”. Salvo poi mitigare quella apparente condanna ammettendo che “non si rendeva conto di ciò che faceva. E nessuno poteva spiegarglielo. Eppure soffriva. All’interno della sua prigionia aveva istanti di lucidità”. Consapevolezza, dunque, cui la donna e la figlia possono giungere grazie alla “distanza temporale” che permette di vedere “tutto ciò che non era in grado di vedere allora”. Un salto temporale che va dal ricordo di giovane figlia alla conclusione della donna matura che impara dall’esperienza e dalla vita vissuta la tragicità dell’egocentrismo è la chiave di lettura di ogni tematica affrontata nell’opera. In un flashback continuo delle emozioni.

Tracce dell’anima lasciate sulla carta, tracce di vita vissuta, del passato, che dimostrano come Virginia Woolf non si possa meramente leggere, si debba studiare per comprendere prima la persona e poi la scrittrice per capire come queste si fondono sulla pagina; una donna tutt’altro che controversa, come invece è tradizionalmente descritta. Una donna poliedrica che affronta i numerosi interrogativi esistenziali che la pervadono. Opinioni mai appannate dal pregiudizio, il coraggio di essere sé stessa e dichiararlo come quando esprime la sua identità sessuale dichiarando apertamente sentimenti e legami avuti con Vita Sackville-West come pure con Violet Dickinson, capace nello stesso tempo di circoscrivere il rapporto che l’aveva portata a sposare Leonard Woolf. 

A 78 anni dal suo estremo atto di autodeterminazione, continuiamo a scoprire come Virginia Woolf fosse ombra e luce abbagliante, insieme sua madre gioiosa e libera, ma anche suo padre sempre adirato e colto; come fosse domanda e risposta e in mezzo il dissidio della ricerca, femminista e androgina al tempo stesso, sensibilità e raziocinio. Una sola esistenza che racchiuse tematiche che ancora affannano le coscienze sociali come il riconoscimento del gender e del trans gender e della sua relatività, la teoria dell’autodeterminazione anche esistenziale, la cerebralità delle relazioni personali, il mai raggiunto equilibrio tra azione e riflessione.

Un libro da leggere per conoscere Virginia Woolf, scrittrice autentica e donna sincera.  Un libro originale e imperdibile per i cultori della sua scrittura e per chiunque voglia conoscere la persona e poi la scrittrice #civediamotralerighe

TITOLO: Tracce del passato, AUTORE: Virginia Woolf, EDITORE: Lanfranchi Editore, 2018, PAGG. 188 con postfazione di Federico Ferrari, acquistabile sul sito dell’Editore —>LANFRANCHI

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