Oggi vi presento un libro che è un cimelio. Un emozione averlo tra le mani, la bellezza di ritrovare un uomo, un artista, un intellettuale di calibro indiscutibile, un talento fuori dal comune, intelligenza vivida e profetica: oggi vi presento “L’usignolo della Chiesa cattolica” di Pier Paolo Pasolini.
Questo libro è considerato dalla critica letteraria unanime il più bello che Pier Paolo Pasolini abbia mai scritto.
Raccolta di poesie scritte fra il 1943 e il 1949, fu pubblicata solo nel 1958, a seguito di numerose vicissitudini editoriali. Gli editori di primo piano furono infatti titubanti nel pubblicare quest’opera dai significati profondi, sotto il profilo personale e dai risvolti scomodi, sotto quello socio-culturale. Il senso dell’opera è quello di rivelare il proprio conflitto interiore che Pasolini esprime, rifacendosi a toni religiosi e a modi di una rappresentazione sacra. Questo libro ha un valore unico, per chiunque abbia amato e ami lo straordinario scrittore, e rappresenta l’unica volta in cui Pasolini si esprimerà con versi in lingua italiana, anziché in dialetto friulano.

Artista poliedrico, ancor prima che scrittore e regista, Pasolini fu poeta. La sua capacità di comprendere totalmente l’epoca e la società, di anticiparne il futuro, proveniva proprio dalla sua cifra, e così si presenta Pier Paolo Pasolini ne “L’usignolo della Chiesa cattolica”: poeta, nel significato più alto della parola.

Siamo soliti identificare la sua arte poetica con i famosi “Scritti corsari”. In realtà, tra quelle pagine ce n’è ben poca; è in questo poemetto che è custodita l’autentica lirica pasoliniana, fedele alla più illustre tradizione poetica italiana.
L’usignolo è metafora: è Pier Paolo, l’uomo. Parimenti indifeso, ma capace di canto, come una semplice creatura, come un “fanciullo” si rivolge al suo Dio creatore per confessarsi e chiedergli perdono. Ecco il richiamo e l’analogia con la passione di Cristo, l’Annunciazione, ma ecco emergere anche la scomodità dell’intellettuale. Il suo amore per la verità, la straordinaria onestà che l’ha contraddistinto come uomo e come letterato. Ecco quindi la sua presa di coscienza, l’autoaccettazione, che esprime in modo sublime nei suoi versi di caratura così straordinaria e umana da essere disarmante. Con ritmo potente, con la passione di chi si arrende, compiaciuto, a sé stesso parla di sé:
È in questo libro che, in modo compiuto, Pasolini afferma che esista una differenza tra sentimento religioso e gerarchia della Chiesa. Che l’uno non implichi l’altra; che fa sentire, forte, il dubbio che l’istituzione ecclesiastica possa interferire o avere potere sulla coscienza dell’uomo e sulla sua sfera sessuale. Un Pasolini più scomodo che mai, spingendosi all’esegesi, sosterrà che nella Bibbia nessun rapporto, tra Dio e gli uomini, è interrotto da una figura istituzionale che fa da intermediario. Tanto meno, si legittima questa intromissione della Chiesa.
Da queste affermazioni, ancor più che dalla sua identità sessuale, la storia della letteratura fa discendere la definitiva rottura dell’ambiente ecclesiale con lo Scrittore. La scomunica della sua intera opera.
Questo libretto è invece un viaggio nella bellezza del creato, nella sua perfezione e nel suo rapporto con la natura umana, tutt’altro che perfetta. Alcune liriche del libro sono quasi un Cantico delle meraviglie della Natura cui il poeta conferisce, tramite sé stesso, il dono della parola.
È un libro che apre il cuore a quello pasoliniano, che porta alla sua essenza. In esso si trova anche la descrizione del suo rapporto con la madre, sul quale poi molto si è detto e che tanto diventerà un leit motiv dei suoi scritti. Qui ne parla con una dolcezza, una delicatezza e un’intimità lucide e profonde. L’amore che si mescola al senso di colpa si sublima in versi della bellezza commovente:

L’amore per la madre si sovrappone a quello per la vita: “quanto amavo una vita troppo bella per me”, “tu sola davi la solitudine a chi, nella tua ombra, provava per il mondo un troppo grande amore e un troppo grande amore nel cuore, per il mondo”.
Poi tutto l’idillio si interrompe, con la presa di coscienza del peccato nella parte II, titolata “Il pianto della rosa”, ne Il sermone del diavolo:
Fanciullo, sei un mostro /quale coscienza /quale arte nell’ingannarti
dirà a sé stesso e, senza pietà, calerà la maschera prima ne L’ILLECITO:

ancora, in SOLITUDINE:

Infine nella maestosità, l’umanità dilaniata e dilaniante dell’autocoscienza che si esprime in pienezza ne L’ANGELO IMPURO,

e in BESTEMMIA

Insomma il sacro e profano della vita, del creato e della natura umana. Un canto di usignolo delicato, diafano, una confessione, il passaggio dalla fanciullezza più pura alla gioventù stigmatizzata come peccaminosa. La verità, l’irriverenza.
Pier Paolo Pasolini autentico, più del solito. Un libro che è un dovere regalarsi.
Ho avuto la fortuna che mi chiamasse dallo scaffale di una tra le più antiche librerie di Roma a Piazza del Collegio Romano, la libreria Cesaretti. Un’edizione Einaudi del 1976, con la pagine ingiallite, usata, passata attraverso il tempo per arrivare a me.
Fatevi un regalo, leggete questo libro, e amate Pier Paolo Pasolini. Io lo trovo una voce inalterata dal conformismo, dall’ipocrisia, dalla maniera, dal politicamente corretto che non smetterei mai ascoltare. Promettetemi che #civediamotralerighe
TITOLO: L’usignolo della Chiesa cattolica, AUTORE: Pier Paolo Pasolini, Editore: Longanesi, PAGG: 167, PREZZO: attualmente non disponibile. Potete acquistarlo se volete online in edizione Garzanti in formato E-book e E-pub, pdf, su IBS
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