1996, l’Italia incontra Wislava Szymborska.
La grande poetessa polacca, vince il premio Nobel in quell’anno e così anche l’Italia, paese colpevole di svariati ritardi, arriva a metter l’anima sulle sue poesie.
Immensa capacità d’ironia, scrittura semplice, la Szymborska ha la peculiare capacità di rendere straordinario l’ordinario. Le sue poesie sono tutto, fuorché esercizi di stile intorno alla capacità di scrittura, indubbia. Mai ricercate, mai ridondanti, mai artificiose. Le sue poesie sono dirette, immediate. Evocano e sublimano il quotidiano con l’eleganza della semplicità, che non è banalità, né ordinarietà.

Avremmo bisogno oggi delle poesie di questa colta e sensibile Donna dallo sguardo simpatico, dalla vita passata attraverso la guerra, le censure alla propria arte.
Avremmo bisogno della sua ironia nel trattare temi umani ed etici importanti, delle sue denunce, delicate ma ferme, sugli orrori umani. Come lei, oggi potremmo denunciare, noi, i nostri.
Non a caso la motivazione al premio Nobel recava queste parole: «per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà».
Oggi, 2 luglio, ricorre anniversario della sua nascita, nel 1923. E mi piace ricordarlo, oltre che per dedicarle un tributo, anche per ricordare quanto avremmo bisogno di una Donna come lei, quanto della sua poesia asciutta e lucida per far risaltare agli occhi di tutti i disguidi di questo tempo.
SOTTO UNA PICCOLA STELLA
Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l’ho fatta mia
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
Wislava lascerà questo mondo nel 2012. Nel frattempo però, avrà avuto tutto il successo che la sua capacità poetica meritava, anche oltre la sua vita. Le poesie della Szymborska saranno ricordate per sempre come un esempio unico e incantevole. Le sue metafore, la sua lineare attitudine a entrare nelle tematiche più ruvide, porgendole con grazia e semplicità a chiunque ne leggesse. Tutto racchiuso nel suo sguardo, nell’espressione di questa Donna, poetessa delicata, dall’animo rigoroso capace di distinguere il bene dal male del Nazismo, della Guerra e in ultimo dell’ideologia socialista cui aderì con tutto il suo slancio intellettuale, salvo poi pentirsene, dichiarandolo apertamente; quasi porgendo le sue scuse ai lettori che, in modo inevitabile, aveva coinvolto nel suo pensiero e nella sua scelta.
Il ritratto di una Donna forte. Delicata come solo le Donne forti sanno essere.
Buon compleanno Wislava Szymborska, ovunque tu sia. E grazie.

Il mio arrivo nella città di N.
è avvenuto puntualmente.
Eri stato avvertito
con una lettera non spedita.
Hai fatto in tempo a non venire
all’ora prevista.
Il treno è arrivato sul terzo binario.
E’ scesa molta gente.
L’assenza della mia persona
si avviava verso l’uscita tra la folla.
Alcune donne mi hanno sostituito
frettolosamente
in quella fretta.
A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.
Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.
La stazione della città di N.
ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.
L’insieme restava al suo posto.
I particolari si muovevano
sui binari designati.
E’ avvenuto perfino
l’incontro fissato.
Fuori dalla portata
della nostra presenza.
Nel paradiso perduto
della probabilità.
Altrove.
Altrove.
Come risuonano queste piccole parole.
No Comments