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10 anni senza Alda Merini

1 Novembre 2019

” Beati coloro che si baceranno sempre aldilà delle labbra, varcando il confine del piacere, per cibarsi dei sogni ” ( da Aforismi e magie)

1 novembre 2009 – 1 novembre 2019: 10 anni senza Alda Merini, senza la Poetessa, senza la madre dell’anima prigioniera, come spesso mi piace definirla. 
10 anni senza la sua poesia è come un anno senza mai vedere il sole. Cupo, piatto, sempre uguale. 
10 anni senza i suoi versi viscerali, il suo autentico e accorato autoritratto di Donna, di madre, di una Italia che non ha saputo gestire le diversità, che si spaventava e ancora si spaventa di fronte a chi pensa, a chi guarda oltre il corpo, l’apparenza; a chi denuncia.
Non so spiegare esattamente cosa rappresenti la poesia di Alda Merini per me, so solo che non posso leggerla sempre, quando voglio, ma solo quando sono pronta. Perché ha il dono immenso e unico di arrivarti dentro e sconvolgere tutto, capovolgere il senso e i sensi, rapire ciò che c’è di buono e far emergere ciò che c’è di cattivo in me. Credo che sia così per tutti, questo è il dono del suo smisurato talento, della sua infinita profondità e della sua indimenticata poesia.

Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita.


Oggi la definiremmo, con un termine abusato a sproposito, una “visionaria”…

“In cima ad un violino 
In cima ad un violino 
ci sta forse un respiro 
che nessuno raccoglie 
perché è un senso d’amore. 
Tu suoni per il vento e viaggi 
dove la pace sussurra tra le piante 
tutta una nostalgia.
(da “Clinica dell’abbandono”)

Poetessa precoce, la conosciamo nel 1950, grazie a Giacinto Spagnoletti che, inserisce le sue opere, due poesie “Il gobbo” e “Luce”, nell’Antologia della Poesia Italiana 1909-1949. Ma già quattro anni prima, appena quindicenne, aveva già esordito, dimostrando la sua bravura. Tutti sappiamo delle sue vicende personali che più volte l’hanno costretta in strutture psichiatriche a fasi alterne fino al 1979. sono successivi a questi anni alcuni dei suoi lavori che portano il segno di queste dure esperienze di internamento. La sua vita non ha mancato di regalarle in ogni caso tre figlie e due matrimoni. L’ultimo dei quali, due anni dopo esser rimasta vedova, con il poeta Pierri che la porterà a trasferirsi a Taranto da dove scriverà la sua opera in prosa “L’altra verità. Diario di una diversa”. Anche in questa città però si trovò a sperimentare l’internamento fino al 1986, quando ritornerà a Milano e inizierà a essere seguita terapeuticamente, dedicandosi alla poesia e regalandoci i suoi migliori testi letterari, tant’è che comincia a essere premiata con prestigiosi premi come il Librex-Guggenheim, ricevuti, tra gli altri, anche da poeti come Giorgio Caproni, Mario Luzi, Luciano Erba.

Spazio spazio, io voglio, tanto spazio 
per dolcissima muovermi ferita: 
voglio spazio per cantare crescere 
errare e saltare il fosso 
della divina sapienza. 
Spazio datemi spazio 
ch’io lanci un urlo inumano, 
quell’urlo di silenzio negli anni 
che ho toccato con mano.
(Spazio, da “Vuoto d’amore” il libro premiato)

Questi anni novanta e duemila sono anni fecondi e che ci hanno regalato l’Alda Merini indimenticabile che conosciamo, anche nelle sue poesie più note come

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

(Sono nata il ventuno a primavera, da “Vuoto d’Amore”)

Alcuni dei suoi lavori poetici, sono stati riadattati anche dal mondo della canzone da Autori e interpreti come Milva e Roberto Vecchioni.

Bambino

Non faccio niente per diventare bambina.

Disse di sé stessa, questa anima bella e tormentata che ha saputo renderci partecipi di tutto l’inferno che ha vissuto, ma anche della grande pienezza che ogni volta la riportava a noi. Il suo amore, la sua lucida decadenza. Lo sguardo impietoso eppure empatico che l’ha portata a tumulti di gioia come a ricchi momenti di solitudine che ha saputo rendere Muse ispiratrici della sua poesia e della sua umanissima arte, sublimando il suo vissuto in poesia. “Bambino” è il titolo di questi altri meravigliosi versi:

Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.

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