Ho terminato Solo un ragazzo di Elena Varvello. Quando si legge questo libro, si sa che il ragazzo è ovunque, questo ragazzo senza nome, miracolo dei significati letterari, che è in ognuno di noi. Sconosciuto, indecifrabile, eppure si svela a chi lo cerca. E’ perfino in questa foto in questa farfalla che si è inserita nello scatto, da sola. Su quelle spalle voltate al lettore, come simbolo di mistero. Di anima. In quell’entrata del bosco, che è simbolo. Con questo libro ho conosciuto come la tecnica di scrittura si trasforma in letteratura purissima, leggera, malgrado tratti temi profondi, duri, su cui riflettere, da introiettare, che possono far cambiare prospettive e pensieri.
Varvello affronta il dolore più grande con una voce autentica, con uno sguardo unico, vicino, con la lucidità della scrittrice vera. Leggere Solo un ragazzo, einaudieditore, è commuoversi, è entrare nella storia con rispetto di quel dolore, è empatia con chi rimane, con le debolezze, i non detti, i sensi di colpa che assillano, le cure che ognuno cerca all’esterno di sé stesso. E’ trovare la strada in quel bosco fitto, metafora delle difficoltà di mettere in luce ciò che siamo, sia come inizio del percorso, che come punto di arrivo. Un bosco che è rifugio e paradiso delle cose preziose rubate agli altri nell’illusione di possederne un po’ di amore. Il bosco, che allontana e nasconde, ma anche ristora ed è luogo amico. E’ tutto in quel “solo” del titolo. Che sminuisce e ingigantisce al tempo stesso. Tutto il romanzo ci spiega cosa significa essere solo qualcuno o solo sembrarlo.
La Varvello sa spiegare al lettore cosa ferisce. Però rispetta la sua condivisione, e misura ogni parola, ogni passaggio, coniuga il valore di un racconto tagliente, con parole non ruvide. Una capacità eccezionale. Una voce che, seppur unica e prepotentemente personale, non catalizza l’attenzione su di sé, lascia il focus sulla storia, non ci sono sporie autoriali, filtri egocentrici.
Un libro pieno di simboli, di paziente e accurata semina della storia che porta il lettore fino alla fine con quieta emozione e tensione sempre alta. Il mistero della vita che risuona tra le pagine. Rapporti che si perdono e si ritrovano, personaggi che compiono il loro percorso per mano al lettore, il mistero della vita che risuona tra le pagine.
L’adolescenza è paradigma di ricerca del senso dell’esistenza. Rimane un adolescente in tutti noi, un bosco dove portare coloro che amiamo. Le soluzioni adolescenti non sono tanto diverse da quelle adulte: una realtà parallela in cui trovare riparo. Bosco, fede, rancore, alcol o sesso. Risposte insufficienti a una domanda potente: fino a che punto si può capire l’altro? E l’atmosfera. La stessa atmosfera di sospensione, di attesa che provano i personaggi, quel qualcosa che si interrompe permea tutto il romanzo, lasciando tensione anche dove tutto, poi, si svela.
La capacità di Varvello di portare e conservare in un romanzo la caratteristica più forte di un racconto, l’atmosfera, è perfetta, dosata con tecnica ineccepibile. Il lettore si ritrova così a cercare di capire quello che anche i personaggi non capiscono. Nulla è spiegato, tutto evocato. E infine la poesia. È nelle descrizioni della natura, del cielo, cui l’uomo guarda sempre per trovare la risposta che salva e può riempire il vuoto, che fa capolino la poetessa Varvello. Per mitigare la perentorietà di una storia in cui tutto quello che deve accadere accade senza lasciare niente di non detto. Prendere un tema universale e farne letteratura. Elena Varvello ha fatto questo in Solo un ragazzo, con una voce cristallina.
Un libro da leggere, perché insegna.
TITOLO: Solo un ragazzo, AUTORE: Elena Varvello, EDITORE: Einaudi, PAGG. 192, PREZZO: 17,58, acquista qui
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